Omelia Notte di Natale
Natale ha l’aria di essere una festa tradizionale, si basa sui bei ricordi di quando, ancora bambini, scoprivamo la gioia di stare con i nostri cari, magari pieni di doni. Gli affetti, i buoni sentimenti e tante occasioni commerciali hanno diffuso questa festa. Alcuni la contestano, pochi altri la rifiutano. Ogni volta, ogni anno rinnoviamo sentimenti e promesse di bontà che verranno presto messe da parte. Sarebbe bello vivere sempre con lo spirito del Natale, ma… non è possibile. Il mondo va avanti e non segue certo lo spirito buono del Natale.
Ogni tanto c’è anche chi ci ricorda che il Natale si chiama così proprio perché fa riferimento alla nascita di Gesù. Anche lui sembra ormai obsoleto, ridotto alle solite cose, pensiamo di sapere già tutto di Lui, anche se non abbiamo mai letto il Vangelo. Chi però si accosta seriamente al Vangelo e a Gesù si rende conto della sconcertante novità che apre. Dopo oltre duemila anni ci rendiamo conto di come la sua nascita e ancor di più la sua vita, le sue opere, le sue parole e soprattutto la sua morte e risurrezione sono una costante novità per la nostra vita, qualcosa che la sconvolge e la rinnova costantemente, impedendogli di fossilizzarsi, standardizzarsi, ripiegarsi su di sé, magari compiaciuta…
Durante un incontro della novena di Natale proposto ai ragazzi proponevo di non dire, quest’anno, semplicemente “Buon Natale”, ma “Buon Natale di novità”, proprio pensando alla costante novità che Gesù realizza nella nostra vita, quando ci lasciamo illuminare e guidare da lui.
Certo, la novità di Gesù non è estrosità, non è il diverso per il diverso, non è la contestazione del passato e del vecchio. La novità del Vangelo è, piuttosto, la valorizzazione e lo sviluppo di ciò che di buono è già presente, è come un seme che cresce, è il superamento di ciò che non ha sbocchi e uccide, così come uccide ogni forma di male, di egoismo, di indifferenza, di odio, di peccato.
Mi sono chiesto quali tra le novità che Gesù mi sta proponendo e quali potrei ora sottolineare per condividerle con voi. Ne ho individuate alcune che mi permetto di annunciarvi.
1. La novità di Gesù è la mitezza, cioè la rinuncia ad ogni forma di violenza. Sembra impossibile, eppure Gesù non solo non ha mai usato violenza, ma non si é mai neppure imposto. Certamente la sua nascita è qualcosa di estremamente mite, quasi nascosto, se non fosse per alcuni pastori avvisati dagli angeli. La sua stessa proposta di fede e di vita, anche quando è stata fatta con energia, non é mai stata imposta. Gesù non ha solo rinunciato a qualsiasi forma di forza fisica, ma anche a pressioni psicologiche, a ricatti più o meno nascosti, a sotterfugi e inganni, persino a ogni convincimento legato all’abilità oratoria.
Non sempre la Chiesa ha accolto questa novità della mitezza, e anch’io mi ritrovo molte volte a impormi con il potere che l’essere parroco mi dà. Eppure mi rendo conto che quando cerco di imporre qualcosa non annuncio più il Vangelo, anche se insegno cose vere e buone…
Forse tutti dobbiamo chiederci se siamo davvero miti quando cerchiamo di proporre qualcosa, quando chiediamo giustamente un riconoscimento, quando protestiamo contro qualche ingiustizia, quando vogliamo raggiungere un traguardo lavorativo, o quando vogliamo conquistare una persona sia pure per motivi buoni e lodevoli. Le forme di coercizione sono più frequenti e più subdole di quanto possiamo immaginare.
Gesù in questo ci è maestro, lui ci insegna la novità della mitezza.
2. La novità di Gesù e del Vangelo è l’ostinazione ad accogliere e servire anche il nemico, anche chi ti vuole far del male. In questo Gesù è un esempio illuminante con il suo “amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano” (Lc 6,27). Mi viene in mente la storia di quel monaco che continuava a salvare dall’annegamento uno scorpione caduto nel fiume. Dopo averlo preso con le mani, veniva da quello punto e, quando lo scorpione ricadeva in acqua, lo riprendeva e di nuovo veniva punto. Alla domanda sul perché continuasse a farsi pungere rispondeva che era nella sua natura salvare così come è nella natura degli scorpioni pungere. È nella natura del credente far del bene anche ai nemici, non importa se riceviamo in cambio solo male, noi non possiamo smettere di accogliere e far del bene. Sento spesso accuse che ci dicono che non dobbiamo accoglire stranieri, soprattutto mussulmani, perché vogliono solo approfittarsene di noi, se non eliminarci. Anche se fosse vero, noi non possiamo rinunciare alla natura di chi accoglie chiunque abbia bisogno, non possiamo smettere di amare i nemici. La storiella dello scorpione continua con l’anziano maestro che salva a sua volta lo scorpione, ma con un bastone, a cui l’animale si aggrappa senza poter pungere più nessuno. È un invito alla prudenza e all’intelligenza: sono doni dello Spirito santo, che pure fanno parte del bagaglio della fede.
Anche questa novità non sempre è stata vissuta dalla Chiesa che a volte ha preferito le sicurezze umane svendendo la propria natura di uomini di carità. Ma da sempre la carità ci deve caratterizzare in quanto credenti in Gesù. La nostra deve essere una carità vissuta a ogni costo, anche a costo di pagare con la vita.
Ancora oggi, in tanti luoghi martoriati da guerre e guerriglie, oggetto di contesa tra interessi di parte, travestiti da guerre di religione, facilmente i cristiani sono quelli che pagano il prezzo più alto e vengono oppressi o uccisi senza essere difesi da nessuno.
Forse tutti dobbiamo chiederci che rapporto abbiamo con il nostro nemico, con chi ci vuol male, se c’è chi ci vuol male. O più banalmente dobbiamo chiederci che rapporto abbiamo verso i nostri avversari o concorrenti nella vita, nel lavoro o nella politica. Chiediamoci se davvero e sempre cerchiamo un bene che sia davvero per tutti, a cominciare dai più deboli, e non dai noi o da chi fa i nostri interessi.
Anche in questo Gesù ci è maestro, lui ci insegna la novità di servire, accogliere, amare a ogni costo, anche il nemico.
3. L’ultima tra le novità che mi permetto di condividere con voi e che traggo dal Vangelo è la costanza del perdono. Anche in questo Gesù è fortemente provocante, lui che ci dice di perdonare “fino a settanta volte sette” (Mt 18,22). Lui stesso ha perdonato chi lo crocifiggeva (Lc 23,34) dopo aver perdonato il rinnegamento di Pietro (Lc 22,61).
Il perdono appare umanamente assurdo: come facciamo a perdonare quando siamo stati toccati nel vivo, quando ci hanno distrutto la vita o l’hanno bloccata in alcune potenzialità su cui facevamo tanto conto? Come facciamo a offrire il nostro perdono anche a chi non lo vuole e si ostina a rifiutarlo? È impossibile se prima non lo riceviamo noi, se prima non ci rendiamo conto del male che abbiamo già fatto, della gravità del nostro peccato, di come anche noi abbiamo bisogno continuamente di perdono, perché troppo spesso rifiutiamo l’amore di Dio. È impossibile perdonare se prima non sperimentiamo la forza di essere perdonati da Dio.
In un mondo che vuole escludere chi sbaglia, che non si vuole fidare di chi ha già fallito, che non dà mai nuove possibilità, che se non uccide fisicamente, uccide moralmente, il perdono é davvero una costante novità, sconvolge, cambia le prospettive. Ma é precisamente di prospettive nuove che abbiamo bisogno.
Anche nel perdono Gesù ci guida e ci apre alla novità di cui abbiamo bisogno.
La novità vera del Natale é una novità di vita, quella che possiamo iniziare quando la smettiamo di voler costruire chissà quale forma di benessere, o di potere, o di tranquillità, ma ci mettiamo nella prospettiva di seguire davvero Gesù, di lasciarci guidare da Lui, mettendo a disposizione le nostre poche capacità perché le utilizzi per il bene di questa umanità. Qui inizia la vera novità di vita, qui Gesù comincia davvero a salvare il mondo accettando anche la nostra collaborazione.
Oggi questa novità è possibile, oggi, in questa Eucaristia.
Buon Natale di novità.