Sale della terra luce del mondo
Dall’Omelia di domenica 21 gennaio
Si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». (Mt 14,15-18)
Sono iniziate il 21 gennaio quattro domeniche che ci porteranno alla Quaresima. Quattro domenica nelle quali ci vengono proposte quattro tematiche legate al nostro quotidiano:
Il lavoro nella giornata diocesana della Solidarietà con il mondo del lavoro (21 gennaio 2018).
La famiglia nella festa liturgica – secondo il rito ambrosiano – della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (28 gennaio 2018).La vita nella giornata nazionale per la Vita (4 febbraio 2018).La sofferenza nella giornata mondiale del Malato (11 febbraio 2018).La proposta diocesana le raccoglie sotto il titolo: “Luce del mondo e sale della terra” (Mt 5,13.14)
Sono giornate dove, più che iniziative da organizzare in parrocchia, siamo chiamati tutti, come credenti, a fare qualcosa. Tocca a noi credenti, e tocca prima di tutto ai laici.
Non tocca ai preti o ai politici, non tocca agli intellettuali o agli imprenditori, e neppure ai sindacalisti, non tocca ad altri, tocca a noi!
È lo stesso messaggio di Gesù nel vangelo, che, di fronte ai discepoli che lo invitavano a congedare le folle perché erano stanche dice: “Voi stessi date loro da mangiare!”, cioè “Fate voi. Tocca a voi!”.
Ma tocca a noi fare che cosa? Dico anzitutto che cosa non tocca a noi fare, e che cosa non dobbiamo fare.
– Certamente non tocca a noi mormorare, criticare, contestare, arrabbiarci per quello che non va. Certo si deve anche denunciare il male, ma è troppo poco. Certamente non possiamo accontentarci di contestare.
Tanto meno tocca a noi adagiarci sui ricordi passati, di quando le cose ci sembrava che andassero meglio (ma allora non ce ne accorgevamo?).. I tempi sono cambiati e cambiano anche le condizioni e le opportunità. I ricordi e la memoria sono preziosi, ma per sostenere un impegno oggi, non per criticare.
– Allo stesso modo non tocca a noi approfittare, non tocca a noi cercare di capire che cosa e come guadagnare da una determinata situazione, né raccogliere le opportunità per facili guadagni, che di solito si rivelano come inganni. Capita che chi accusa lo faccia solo perché lui non ha saputo approfittare della stessa occasione per portare a casa qualcosa. Non tocca a noi in questo momento portare avanti i nostri calcoli e i nostri progetti non solo economici.
Ciò che dobbiamo fare sarà invece sempre a vantaggio di tutti, più ancora, sempre per il bene comune. Il bene comune, infatti, non è solo il bene di tutti o della maggioranza è quella situazione che permette a tutti di crescere in tutte le dimensioni della loro persona. Ciò che tocca a noi è perciò un impegno profondamente e intrinsecamente politico, perché il fine di una sana politica è quello di realizzare il bene comune.
– Infine non tocca a noi fare solo un po’ di bene, un po’ di volontariato. Non che questo non si debba fare, ma è troppo poco. Non ci basta più fare “qualcosina” per il lavoro, per la famiglia, per la vita, per chi soffre. Non può diventare “qualcosa” per riempire il tempo libero, da fare solo finché possiamo permettercelo e non ci sono altre incombenze. Dobbiamo invece far diventare queste attenzioni come il primo impegno, la prima vera nostra attività, che qualifica e che si esprime in tutto ciò che facciamo. In altre parole, ciò che dobbiamo fare è un riflesso del primo e unico comandamento: quello di amare, di vivere la carità.
Che cosa dunque tocca a noi fare?
– Tocca a noi creare. Dobbiamo inventare occasioni nuove per valorizzare e far crescere il Vangelo nel lavoro, nella famiglia, nella vita, nella malattia e sofferenza. Non si tratta di mettere in piedi chissà quali iniziative; ce ne sono già troppe in questa società così complessa e piena! Conviene invece iniziare semplicemente da quel poco che abbiamo (nel Vangelo Gesù chiede i cinque pani e due pesci, quel poco che i discepoli avevano) e da quello che siamo. Cominciamo con le persone che incontriamo, accostando, ascoltando, aiutando, offrendo. Dobbiamo creare rapporti veri, aperti, attenti, profondi o disponibili a un approfondimento. Rinnoveremo così il lavoro, la famiglia, ogni vita e anche la situazione di chi è malato.
– Tocca a noi condividere. Ho già detto che dobbiamo costruire un bene comune, ma questo ci chiede di condividere quel che abbiamo (anche se è poco) e quello che siamo con gli altri, e soprattutto con chi è povero, con chi ne ha bisogno, perché dobbiamo sempre partire dagli ultimi. Anche per condividere non occorrono grandi iniziative e proclami. Iniziamo con il “tu per tu” con un faccia a faccia personale, carico di simpatia e aperto a tutti, anzitutto agli ultimi. Partire da quelli che – da un punto di vista umano – contano, sono potenti, hanno tante possibilità, da quelli da cui speriamo di avere chissà quali vantaggi, non ci aiuta. Partiamo dagli ultimi condividendo cose semplici, un aiuto concreto, un pasto, un caffè o una preghiera.
– Tocca a noi rischiare. Perché ciò che dobbiamo fare sarà pure semplicemente un accostare persone, ma è difficile e rischioso.
È difficile anche perché è faticoso, ci chiede di andare controcorrente, di vincere la tendenza individualistica che si sta diffondendo tra noi, di superare tanti sospetti e tante inevitabili critiche che riceveremo.
È rischioso perché il successo non è garantito, non è affatto sicuro che tutto andrà bene, che riusciremo a vivere evangelicamente Vangelo, e che, se riusciremo a vivere secondo il Vangelo, questo sarà apprezzato. È anzi facile che saremo derisi per questo, umiliati, disprezzati, perseguitati. Ma intanto avremo messo un segno, saremo noi diventati un segno che potrà parlare del Vangelo oltre noi. È capitato lo stesso anche a Gesù: umanamente ha perso. Ma noi sappiamo che Egli ha vinto!
don Maurizio