AVVENTO, TEMPO DI SPERANZA 4

AVVENTO, TEMPO DI SPERANZA 4

SPERANZA: È DIO CHE TROVA LA STRADA

Nathan Walker ha 19 anni quando arriva a New York City in cerca di fortuna, come milioni di altri emigranti ai primi del Novecento. I suoi sogni di gloria si infrangono tuttavia contro la durezza della vita nella Grande Mela e Nathan si ritrova a scavare tunnel sotto l’Hudson, nei grandi cantieri per la costruzione della metropolitana che congiungerà Brooklyn a Manhattan. È proprio là sotto che l’autore del romanzo “I figli del buio” costruisce un dialogo interessante: “Potrei anche disegnare la mappa della tua faccia senza lividi”. “Perché fai queste mappe?”, domanda Angela. “Faccio mappe di ogni posto. Ho disegnato anche le mappe della mia tana”. “Ma perché?”. “Nel caso che Dio mi venga a trovare”. “Che cosa?”. “Così potrebbe seguire i tracciati per arrivare qui”. “Sarai mica un bambino di Dio o roba del genere?”. “No, è solo perché lui possa venirmi a trovare”.

Far sì che Dio mi venga a trovare. Quante volte siamo stati capaci di pregare così? Quanti di noi, anche tra chi non è credente, hanno mai sperato questo? “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, ricorda il Vangelo, è la voce che si alza e accompagna l’ingresso di Gesù in Gerusalemme.

In questo romanzo però troviamo qualcosa in più: l’idea che siamo noi a poter offrire a Dio un passaggio, un pertugio in quel guazzabuglio che sono la nostra vita e la storia del mondo, così che Lui possa venire a trovarci. E salvarci. D’altra parte Lui stesso ha detto che “ne aveva bisogno”, a proposito di quel puledro d’asino, per poter entrare in città.

Qualcosa del genere l’aveva intuito anche Etty Hillesum, una ragazza ebrea che durante la persecuzione della Shoà, scrive nel suo Diario: “Tu non puoi aiutare noi, ma siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini”.

Proviamo a pensare al lungo elenco dei tanti eroi feriali e quotidiani che questo tempo ci ha consegnato: medici, infermieri, giovani volontari nel distribuire la spesa a chi non poteva uscire, insegnanti che nonostante le difficoltà non hanno abbandonato i loro alunni, imprenditori disposti a sostenere i propri operai, religiosi che hanno rinunciato alla parrocchia per andare in corsia, ristoratori che hanno cucinato gratis per gli operatori sanitari, studenti che hanno raccolto tablet e computer per donarli a chi non se li poteva permettere… Una lunga litania di speranza. A guardarli bene, nonostante questa epoca che spesso giudichiamo perduta, ci regalano un senso di speranza per il mondo e di fiducia nel genere umano.

 Questa è speranza: ognuno può fare qualcosa. Se la solidarietà non può sconfiggere il virus, almeno non gli ha permesso di vincere del tutto la partita; infatti, non ci ha lasciato in balia della disperazione e dello sconforto, ma ci ha consegnato le chiavi per provare a dischiudere almeno un pochino la strada perché Gesù possa venire.

don Alessio