OMELIA PER QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA 2022
In questo tempo di Quaresima stiamo cercando di imparare a camminare insieme, per essere sempre più una “Chiesa sinodale”.
Invece abbiamo ora ascoltato un Vangelo che racconta di un uomo che si ritrova sempre più solo. Un uomo, nato cieco, fa un cammino che lo porta a credere in Gesù, ma intanto viene sempre più isolato dagli altri. Da solo deve andare alla piscina di Siloe. Possiamo immaginare le difficoltà, dal momento che era ancora cieco. Una volta che ha acquistato la vista viene guardato con sospetto dai vicini che lo vedevano quando mendicava, poi il sospetto è anche da parte dei farisei, quindi viene lasciato a se stesso dai suoi genitori, che dovrebbero volergli bene, infine viene cacciato anche dalla sinagoga.
Anche la pagina dell’Esodo racconta di Mosè che si ritrova sempre più solo, prima dall’interno del suo popolo con la protesta perché manca acqua, poi dall’esterno con un certo Amalèk che lo costringe a combattere.
La nostra vita è piena sempre di ostacoli, incomprensioni, fatiche, critiche, lamentele, rifiuti, contrasti, lotte …ora anche guerre. C’è sempre qualcosa che non va, che rovina i nostri progetti: dalle lamentele alla guerra, dai capricci di chi ci è più vicino ai prezzi che vanno alle stelle, dalle ingiustizie subite sul lavoro all’epidemia… Tutte situazioni che ci isolano. Tante volte ci troviamo abbandonati proprio quando soffriamo di più, stiamo male e abbiamo più bisogno di altri. Viene da dire che è sempre stato così. Certo: spesso è così!
Eppure in questo cammino di solitudine Gesù ci offre la sua luce. Gesù, prima di dare la vista a quell’uomo, spiega che dobbiamo agire (lui dice “bisogna che noi compiano le opere di colui che mi ha mandato”) “finché è giorno”. Anche Paolo, nell’Epistola, ci dice che noi “apparteniamo al giorno”.
Certamente il riferimento al giorno, cioè alla luce, è un forte invito ad agire in modo limpido, cercando sempre di capire la situazione, di accorgerci di chi ci sta intorno, di soffre. Ci è chiesto anche di conoscere e capire le posizioni di chi pensa diversamente.
Mi sembra che il riferimento al giorno, alla luce, sia anche un richiamo a non allinearci alle logiche del mondo che ama agire con sotterfugi e intrighi, senza svelare le intenzioni, mostrando piuttosto i muscoli, minacciando e disponendosi sempre ad attaccare o a contrattaccare. Tutte cose che stiamo vedendo bene in questi giorni, ma che spesso guidano anche le nostre azioni…
Probabilmente Gesù lascia solo quell’uomo perché possa maturare le sue scelte e arrivare scegliere lui, personalmente, di camminare con Gesù, nella Chiesa. È il passo che quel tale nato cieco farà alla fine del nostro brano evangelico, quando esprimerà la sua fede in Gesù. Anche Paolo dice che dobbiamo indossare “la corazza della fede e della carità”, con “l’elmo della speranza”. Evitiamo allora i sotterfugi, portiamo tutto alla luce e alla coerenza con la nostra fede e rispondiamo al male con il bene della carità!
Per affrontare la vita con fede dobbiamo vivere tutto a partire dalla preghiera. Come Mosè che confida al Signore il suo sconforto quando si sente contestato dal suo popolo e sale sul monte a pregare quando è attaccato dai nemici.
La nostra fede cresce e si alimenta con la preghiera. Sia ben chiaro, pregare non rende la vita più facile e non assicura ogni vittoria. Perderemo tante battaglie e dovremo soffrire moltissimo, soprattutto accanto a tanti altri sofferenti.
Pregare significa, piuttosto, mettere davanti al Signore le diverse situazioni che ci opprimono, senza pretendere che sia lui a risolvere, ma cogliendo la sua presenza.
Pregare è rileggere i fatti e i problemi alla luce di Dio e della sua Parola, imparare a vedere le cose e a valutarle con gli occhi di Dio.
Pregare è metterci disposizione di Dio, per affidargli la nostra vita.
Pregare è disporci a vivere nella Chiesa, accettandone difetti e limiti, per camminare insieme ai fratelli nella fede e diffondere il Vangelo per il bene di tutti.
Paolo parla anche di corazza della carità. Perché al male si risponde con il bene. Non possiamo permetterci di scendere a livello del mondo, che contrappone la violenza ad altra violenza, i segreti all’inganno, le armi alle armi. Di fronte agli infiniti ostacoli del mondo, possiamo solo proporre la luce dell’amore che sa diffondere il bene e lo ripropone anche e soprattutto quando il mondo lo rifiuta e reagisce uccidendo. Come è successo con la croce di Gesù.
Per questo celebriamo l’Eucaristia, per disporci alla battaglia dell’amore.
Infine Paolo parla di elmo della Speranza, perché è importante non rinchiuderci nel buio di questa storia, che fa vedere soluzioni e nasconde ogni via d’uscita. Dobbiamo, invece, avere uno sguardo ampio, che ci permetta di riconoscere il disegno di Dio che – dice sempre Paolo – “ci ha destinati a ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. Anche questo comporta il camminare nella luce.
L’Eucaristia che stiamo vivendo è una luce importante il nostro cammino. Viviamola ora con tutto noi stessi.
don Maurizio
Cammina con noi, Signore.
Mostraci la tua presenza,
perché noi non ti vediamo,
noi non ti riconosciamo.
Siamo troppo coinvolti
dalle brutture di questo mondo,
siamo oppressi dalla paura
e nascondiamo il nostro volto.
Ma tu ci sei.
Apri i nostri occhi.
Svegliaci dal torpore
che ci invade
Insegnaci a guardare chi soffre,
a non fuggire il dolore,
ma a condividerlo,
per alleviarlo
e muovere insieme
passi di Comunione.
Se alziamo lo sguardo a te,
con stupore scopriremo
quanti semi d’amore
ancora tu semini nel mondo,
ancora vedremo
che sono ancora tanti
coloro che amano e si donano,
ci accorgeremo
che non siamo soli,
e potremo unirci a quel popolo
che ancora cammina con te,
e ti annuncia
e vive per te.
Cammina con noi, Signore,
sulle strade di questo mondo
e porteremo la tua luce.
Amen.