PROPRIO NOI

PROPRIO NOI

Omelia alla Messa Vigiliare di Pentecoste
nell’Incontro delle Genti 2022

C’è da rimanere stupiti. Le tante pagine bibliche che abbiamo ascoltato (anche con fatica, a motivo della diversità di linguaggi) mi sembra che ci mettano davanti tutto il nostro valore, e ci indichino una missione che Dio stesso ci consegna.

Immediatamente, nelle letture che abbiamo ascoltato, questo valore e questa missione sono attribuiti ai discepoli raccolti nel cenacolo, discepoli ancora smarriti e oppressi dalla tristezza perché intuiscono che presto Gesù li avrebbe lasciati. Questo gruppuscolo incerto e titubante raccoglie però l’eredità del Popolo di Dio, il popolo d’Israele e rappresenta l’intera Chiesa che nasce dal cenacolo e che ha attraversato i tempi. Paolo rivolge parole analoghe ai Cristiani di Corinto che dovrà in seguito sgridare con forza perché sono molto divisi e litigiosi. Oggi però quelle parole esprimono un valore che Dio riconosce a noi, proprio a noi. Noi credenti di oggi, noi credenti che viviamo a Pero e a Cerchiate, noi che veniamo e abbiamo le nostre origini da tante parti d’Italia e del mondo, noi che siamo qui, a questa celebrazione.

Noi, proprio noi, che siamo qui oggi, siamo, come ci dice il libro dell’Esodo, una “proprietà particolare” di Dio, “un regno di sacerdoti e una nazione santa” (cfr. Es.19,5-6). Su di noi si effonde lo Spirito d’amore che rende profeti “i nostri figli e le nostre figlie”, mentre i nostri “anziani faranno sogni e i figli avranno visioni” (cfr. Gl 3,1). A noi Dio rivela “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo” e le rivela a noi “per mezzo dello Spirito” (cfr. 1Cor 2,9-10).

Noi, proprio noi, con le nostre incapacità a capire, con le nostre visioni limitate e distorte, con le nostre fragilità, con le nostre invidie, con quel terribile bisogno di emergere, con i nostri egoismi e i nostri peccati, noi, se siamo popolo di Dio, noi siamo per Dio importantissimi.

Noi possiamo incontrare l’umanità e il mondo intero segnato da incomprensioni, discordie e conflitti, come ci spiega bene l’episodio della torre di Babele raccontato dalla lettura della Genesi (cfr. Gen 11, 1-9), noi possiamo parlare dell’amore di Dio e ridare speranza a chi ha subito sconfitte, umiliazioni, annientamento, come quelle ossa inaridite sulle quali Ezechiele è mandato a profetizzare perché riprendano vita, non per vendicarsi, ma per offrire pace e bene a tutti (cfr. Ez 37,1-14).

Noi, proprio noi, possiamo raccontare l’amore di Dio. Possiamo dire che Dio è con noi, che soffre con chiunque soffre, che condivide le nostre fatiche, le sopportazioni, le arrabbiature e ci permette di allargare lo sguardo, di riprendere vita di ripartire sempre. Racconteremo di noi, delle nostre mancanze, dei nostri peccati. Racconteremo di come siamo stati raggiunti dall’amore di Dio e di come lo Spirito santo abbia riacceso fiducia in noi stessi. Racconteremo delle meraviglie che il Signore Dio ha compiuto, non solo in noi, ma in tutta la Chiesa e nei suoi santi. Non metteremo noi al centro del racconto, ma racconteremo delle meraviglie di Dio.

Prima di raccontare, noi, proprio noi, possiamo e dobbiamo ascoltare, possiamo e dobbiamo farci vicini per caricarci delle ferite di chiunque incontriamo, possiamo e dobbiamo fare nostre tutte le sofferenze che affliggono ogni uomo o donna che incontriamo.

Sarà un incontro che faremo personalmente, a tu per tu, rispettando l’intimità di ciascuno e accostandola con stupore e timore quando ci sarà concesso di guardarla. Sarà in un incontro che faremo sempre come Chiesa, come popolo di Dio, chiamato da Dio, da Lui valorizzato, da Lui inviato a ogni cuore.

Questo è il nostro valore, questa e la nostra missione.

don Maurizio