DOMENICA DELLE PALME
Gesù è pronto a donarsi sino alla fine:
seguilo fino in fondo, fino all’ultimo respiro.
Abbiamo contemplato a lungo in questa Quaresima il dono che è Gesù, il dono che Gesù fa di sé al Padre. É un dono che si compie nella Pasqua, si esprime nell’ultima cena e nel gesto della lavanda dei piedi, si compie sulla croce.
Oggi, mentre Gesù si avvicina a compiere il suo dono, il dono della sua vita, emergono alcuni aspetti di questo dono che istintivamente siamo tentati di mettere da parte.
Il Vangelo ascoltato (in entrambe le liturgie oggi previste) ha qualcosa di certamente bello e attraente. La folla che acclama Gesù mentre entra in Gerusalemme è un’esperienza che vorremmo durasse a lungo e che si rinnovasse spesso. Anche il gesto d’affetto che Maria esprime con una carica emotiva particolarmente forte, nonostante la critica di Giuda, è un’esperienza che vorremmo custodire per sempre e rivivere con frequenza. L’acclamazione e l’affetto per Gesù sono qualcosa di bello, che ci stimolano a seguirlo, essere cristiani, sono un’esperienza che arricchisce sia la nostra vita sociale che privata. È quello che succede quando il dono é accolto.
Ma c’è un altro aspetto del dono che dobbiamo ora riconoscere con tutta franchezza. Qualcosa non è per niente bella. É un aspetto difficile, pesante, duro da accettare, ci spaventa. Intendo dire che se noi doniamo qualcosa, noi restiamo senza quella cosa. Quella cosa lì non c’è più.
Finché si tratta di bene materiali, non è un grosso problema. A dispetto di quanto dice Giuda di fronte allo spreco di Maria, offrire e spargere il profumo di Nardo che costa come un anno di lavoro, non è una cosa particolarmente difficile. Se abbiamo provato a donare soldi, a donarli per amore e carità, ci accorgiamo che spesso ritornano, moltiplicati.
Ma se doniamo qualcosa di noi stessi, una parte di noi, la faccenda si fa più difficile, perché vuol dire che noi dobbiamo rinunciare a una parte di noi, che noi non la possiamo più dominare, non ci potrà più esprimere. Questo è molto più difficile. Tuttavia molti di noi sono pronti a rinunciare a qualcosa di sé per amore, ci sono persone che perdono volontariamente qualcosa di sé per chi sposano o per i figli…
Ma ciò che Gesù dona è tutto. Morire è proprio questo. Gesù muore nel senso che dà tutto, rinuncia anche alla più piccola parte di sé. Mette tutto nella mani del Padre, si dona fino in fondo.
Fare di noi un dono significa rinunciare totalmente a noi stessi, è peggio di un salto nel buio, è tremendo, occorre molta forza, molto amore.
La Parola di Dio di oggi allude a questo dono totale che Gesù fa di se stesso.
Siamo pronti a fare altrettanto? Ovviamente no. Donarci fino a questo punto va contro la nostra natura. Giustamente siamo istintivamente bloccati di fronte a questo dono totale che ci annienterebbe. Non è un passo da fare.
Eppure sì, è da fare. Prima o poi dobbiamo arrivare a farlo. Senza fretta, ma dobbiamo arrivarci. Penso che se non arriviamo a questo dono totale di noi stessi, a privarci totalmente di noi, la nostra vita alla fine risulti sprecata.
La nostra vita non conta se abbiamo goduto, se ci siamo divertiti, se abbiamo avuto successo, se abbiamo realizzato qualcosa, se abbiamo lasciato un buon ricordo di noi, se abbiamo fatto del bene… alla fine la nostra vita conta e rimane se l’abbiamo donata per amore, a Dio, ai nostri cari, a tutti…
Noi viviamo per questo: per imparare a donarci. Tutta la vita serve per prepararci a fare di noi un dono. Chiediamo al Signore di arrivare preparati all’appuntamento con la morte, pronti a fare di noi un dono.
Per questo Gesù si è fatto uomo, si è speso fino all’ultimo, è entrato in Gerusalemme, si è lasciato profumare i piedi. Per questo ha condiviso l’ultima cena, ha lavato i piedi ai discepoli, ha accettato di soffrire e morire in croce, ha rinunciato a sé stesso: per donarsi totalmente nelle mani del Padre.
Questo e solo questo alla fine dà valore alla nostra vita.