II domenica di Avvento 2018

IL VANGELO È PER TUTTI

Forse facciamo fatica a renderci conto della forte novità portata dalla pagina di Isaia. Parla di Egiziani che riconosco il Dio di Israele e fanno pace anche con gli Assiri. Gli eterni nemici di Israele sono coinvolti nell’unica salvezza portata dal Signore Dio. Con lo stesso criterio Paolo vuole annunciare a tutti il Vangelo, superando quella sensazione di privilegiati che gli Ebrei avevano.

Il messaggio è chiaro, per quanto non facile da incarnare oggi e da attualizzare: il Vangelo è per tutti. Gesù ci spinge davvero a tutti, la sua proposta è una proposta di cui tutti, ma proprio tutti, hanno bisogno, e noi siamo chiamati a condividerla con tutti. Da qui derivano alcune conseguenze:

Anzitutto un impegno missionario da parte di ciascuno di noi. Se il Vangelo è per tutti, è un nostro dovere farlo conoscere a più gente possibile. Più che andare a predicare ci viene chiesto di incontrare tutti, di conversare e dialogare con chiunque, di far capire a tutti la bellezza del Vangelo.

In secondo luogo dobbiamo capire che questi “tutti” che hanno bisogno del Vangelo e di noi non sono solo e genericamente gli altri, altri popoli, altra gente, chi vive più poveramente di noi o appartiene a un’altra classe sociale… sono anche quelli con i quali non vogliamo più avere a che fare, sono quelli che si comportano male, sono gli imbroglioni, sono quelli che ci minacciano, e quelli che ci hanno già fatto soffrire, a volte ci hanno fatto molto soffrire! Siamo chiamati a condividere il Vangelo anche con tutti coloro che giudichiamo – spesso a ragione – “gentaglia”. Il Vangelo è anche per la “gentaglia”.

Ma la conseguenza più forte e più dura da accettare è che anche noi siamo “gentaglia”, lo siamo spesso e facilmente. Siamo poco raccomandabili e abbiamo fatto del male, molto male ad altri. Questo è il passo di umiltà che dobbiamo fare oggi. Noi non siamo i migliori, i perfettini, che annunciano il Vangelo a quelli che non riescono a viverlo bene. Noi siamo peccatori esattamente come gli altri, più di tutti gli altri. Non siamo chiamati a insegnare il Vangelo come se fossimo gli esperti, quello che lo hanno già capito e lo vivono, noi siamo persone che cercano di seguire Gesù, con tanti errori e tanto peccato. Quando sentiamo dire che quelli che vanno in chiesa sono peggio degli altri, dobbiamo sapere che si dice qualcosa di vero. Solo così possiamo permetterci di incontrare tutti per far capire che anche noi, e non solo gli altri, abbiamo bisogno di un Vangelo di conversione.

È forse per questo che all’inizio del Vangelo secondo Marco – inizio che abbiamo ascoltato – si dice che tanti accorrevano dietro a Giovanni Battista. Lui non era il migliore, non si atteggiava a perfetto, al contrario vestiva e si nutriva in modo selvatico, trasgredendo tutte le indicazioni di purità tipiche dell’ebraismo. Ma invitava alla conversione a cambiare vita, come lui cercava di cambiare la sua.

E tuttavia c’è qualcosa che manca nello stile di Giovanni Battista, e le folle che lo seguono non sono necessariamente un bel segno. Lo stesso Giovanni se ne rendeva conto quando parlava di colui che doveva venire dopo di lui che avrebbe battezzato non con acqua, ma “in Spirito santo”. Anche Gesù aveva tante folle che lo seguivano, soprattutto all’inizio del suo ministero, quando guariva tanti. Poi si è accorto che il Padre gli chiedeva altro e si è dedicato soprattutto ai suoi discepoli, iniziando a parlare loro di sofferenza, di persecuzione, di morte di croce… Il Battesimo “in Spirito santo” forse allude a un cammino interiore, guidato dallo Spirito di Dio, da quell’Amore, che unisce il Padre e il Figlio Gesù.

Anche a noi, se ci capita di sentirci troppo bravi, se tanti parlano bene di noi, ci deve venire un sospetto. Non che quando ci lodano, ci seguono, ci esaltano dobbiamo per forza sbagliare, ma il pensiero che “qualcosa non va” è doveroso. Anche questo è un passo di umiltà che oggi ci viene proposto per il nostro cammino: sospettare quando tutti ci approvano: è facile che qualcosa non vada bene!

Occorre allora un “battesimo in Spirito santo”. Il cammino di umiltà che stiamo imparando in questo Avvento ci chiede momenti di solitudine, di confronto interiore, di immersione (“battesimo” significa, appunto, “immersione”) nella guida dello Spirito. Per far questo non basta un Battesimo “con acqua”, cioè non basta il nostro impegno a far bene le cose, a convertirci. Non basta e non serve sentirci dire che siamo bravi, che tutto va bene, che se fossero tutti come noi il mondo andrebbe meglio… Occorre un Battesimo “in Spirito” cioè dobbiamo lasciarci avvolgere, immergere nell’Amore di Dio. Dobbiamo capire che Dio ci vuole bene così come siamo, con i nostri difetti e i nostri peccati. Da qui, da questa esperienza d’amore inizia un vero cammino di conversione. Allora ci rendiamo conto che il Signore Dio ci prende e ci accompagna personalmente. Ci propone una strada pensata precisamente per noi, quella che noi, e solo noi, possiamo percorrere. Con molta umiltà.

 

don Maurizio