OMELIA VENERDÌ SANTO 2017
Guardate questa morte.
Dobbiamo avere il coraggio di guardare la croce.
Non come si guarda con morbosità certi fatti di cronaca nera, che spesso abbondano apposta di particolari truculenti. Al contrario i Vangeli sono molto sobri da questo punto di vista.
Non come si guarda un film dell’orrore, che vuole stuzzicare sensazioni forti di paura.
E neppure come si guarda, con sguardo distaccato o presunto scientifico, il fenomeno della morte fisica, per analizzarlo, studiarlo, capirne qualcosa di più, ma non ci si preoccupa di capirne il valore.
Questi sguardi sono, tutto sommato, facili, ma non ci portano molto lontano, non ci insegnano molto, a volte proprio nulla.
Lo sguardo con cui dobbiamo guardare la croce è molto più impegnativo e coinvolgente
Dobbiamo guardare la croce così come dobbiamo guardare negli occhi una persona cara che sta soffrendo e, più ancora, che si trova vicino alla morte. Dobbiamo guardarla per stare con lei, per provare a condividere almeno un po’ del suo smarrimento, del suo soffrire, della sua paura, per morire un po’ con lei.
Dobbiamo provare a guardare la croce per capire un po’ l’amore che lì si sprigiona, l’amore che ha accompagnato tutta la vita di Gesù, che lì si è sprigionato, ma come esito di un intenso cammino, un lungo cammino d’amore.
Non ci devono tanto attrarre i particolari delle torture inflitte a Gesù, ma ci deve affascinare l’amore che ha vissuto fino in fondo, fino alla morte, fino al momento estremo quando non poteva più fare nulla. Dobbiamo in particolare guardare come l’amore ha spinto Gesù ad affidare la sua vita al Padre, quel Padre a cui grida perché lo abbia abbandonato, e poco dopo, a questo Padre si abbandona, come per dire ”Posso rischiare sul fatto che tu non mi hai in realtà mia abbandonato, e mi ami ancora e puoi accogliere la mia vita, custodirla e richiamarmi con il tuo amore perché io possa continuare ad amare”. Da qui scaturisce la possibilità di risorgere!
Ma prima di arrivare a capire questo, dobbiamo fermarci a guardare, guardare con amore questa croce, guardare e pregare, guardare e riconoscere l’amore, guardare e capire che quell’amore mi coinvolge, che è anche per noi, per me, è proprio per me!
Allora possiamo un po’ alla volta maturare in noi il desiderio di morire, con lo stesso amore con cui Gesù è morto. Intendetemi, non parlo del desiderio di morire subito, non dobbiamo aver la voglia di fuggire la vita, ma dobbiamo sperare di arrivare pronti al momento della nostra morte, perché anche lì, proprio mentre non possiamo più fare, né dire, né pensare nulla, si sprigioni la nostra capacità d’amare, capacità piccola e timida, non proprio come quella di Gesù, ma autentica, perché esprime il dono di una vita. Quel momento non sappiamo quando sarà, ma a quel momento dobbiamo comunque pensare, pregando di arrivare pronti. E per farci trovare pronti, non abbiamo tempo da perdere!
A ben pensarci non c’è neppur bisogno di pensare alla morte, ciò che deve essere fisso nella nostra mente, ciò che è davvero urgente, è il bisogno di amare, ciò a cui la nostra mente deve continuamente volgersi è il cercare di capire come amare, come il Padre ci propone di amare in ogni istante, come fare la sua volontà. Aveva già capito tutto il giovane S. Domenico Savio, quando alla domanda su che cosa avrebbe fatto se avesse saputo che sarebbe morto di lì a poco ha risposto tranquillo: “Continuerei a giocare”.